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Impariamo a conoscere il suicidio per PREVENIRLO!

16 Dicembre 2011 da Dott.ssa Cristina Colantuono Lascia un commento

 Schopenhauer nel 1851 scriveva: “Quando in sogni opprimenti e orribili l’angoscia tocca il grado estremo, è proprio essa che ci porta al risveglio, con il quale scompaiono tutti quei mostri notturni. La stessa cosa accade nel sogno della vita, quando l’estremo grado di angoscia ci costringe a spezzarlo”…

Il tema del suicidio è purtroppo ancora attuale, secondo i dati ISTAT del 2009, i suicidi denunciati alla Polizia di Stato e all’Arma dei carabinieri per provincia e regione sono stati 2.986 con una prevalenza nella fascia d’età oltre i 65 anni ed i tentativi di suicidio 3.289 con una prevalenza tra i 25 e 44 anni.

E in quanto a motivazioni, nella maggior parte dei casi il movente del suicidio è riscontrabile in malattie psichiche.

 

Ma cosa si cela dietro ad un gesto così estremo che molto spesso coglie di sorpresa tutti coloro che circondano la persona che decide compierlo?

Oltre ad essere tipico di alcuni disturbi psichiatrici, la tendenza al suicidio è tipica di alcune fasi particolarmente difficili della vita come l’adolescenza e la vecchiaia, caratterizzate da una più alta percentuale di umore depresso a causa del passaggio da una fase all’altra.

Partiamo dal presupposto che il pensiero suicidario porta dietro di sé un vissuto di dolore e sofferenza che il soggetto non riesce ad affrontare, tanto da spingerlo a vedere nella morte l’unica soluzione ed un balsamo per le proprie sofferenze.

Ma per comprendere ancora più in profondità il suicidio occorre distinguere le sue componenti.

Innanzitutto l’atto è un’azione compiuta con consapevolezza, e con l’impegno raggiungere la finalità di darsi la morte.

Possono però verificarsi situazioni di parasuicidio e suicidio mancato: il primo è la messa in atto di comportamenti a rischio che portano alla morte senza che ci si basi sull’atto volontario del togliersi la vita, caratteristico invece del suicidio. Il suicidio mancato, invece, è l’esito vano del tentativo di togliersi la vita.

Ultimo, non per importanza, è il concetto di ideazione suicidaria: situazione in cui il soggetto, attraverso un processo immaginativo, sperimenta l’idea di auto-sopprimersi. Questa circostanza manca della messa in atto del comportamento suicidario , sebbene, molto spesso lo preceda.

 

Quali sono i fattori di rischio?!

I fattori di rischio di questo fenomeno sono vari e di varia natura.

Innanzitutto ci sono dei fattori genetici: per esempio, sulla base di alcuni studi effettuati su gemelli omo ed eterozigoti, è risultato che l’alterato metabolismo di serotonina e noradrenalina è una delle principali cause di un comportamento suicidario .

Ci sono tante altre condizioni metaboliche coinvolte ma necessitano di studi più approfonditi che ne dimostrino l’attendibilità.

Esistono poi dei fattori di rischio collegati all’appartenenza di genere: il suicidio sarebbe più frequente fra gli uomini, mentre il parasuicidio fra le donne.

La vulnerabilità maschile al suicidio è correlata ad alcuni aspetti psicologici e culturali: la concezione di mascolinità e virilità, proprie di una cultura originariamente patriarcale come la nostra, vorrebbe un uomo privo di ansie, preoccupazioni, fallimenti o inefficienza. Inoltre l’uomo, di per sé poco incline a parlare del proprio stato d’animo, tenderebbe a mettersi alla prova, con lo scopo di sopportare le proprie difficoltà in solitaria, alle volte finendo schiacciato.

Al contrario, per le donne, il mostrare le proprie debolezze non determina delle ferite narcisistiche tanto gravi: la tendenza femminile al parasuicidio, infatti, indica espressività emotiva, posizione di debolezza, ricerca di aiuto, attaccamento, messaggi interpersonali.

Anche razza e stato civile possono divenire fattori di rischio: sembra che la tendenza a togliersi la vita sia maggiore per le persone di razza caucasica. Il matrimonio ed il fatto di avere figli piccoli, al contrario, figurano fra i fattori protettivi.

 

Quali motivazioni sono alla base della decisione di suicidarsi?

Altri fattori che possono condurre un individuo alla decisione di “farla finita” sono l’uso diffuso di alcolici, la depressione economica, la disponibilità di armi, l’utilizzo di combustibili tossici di uso quotidiano, la scarsa o assente regolamentazione della distribuzione di farmaci e sostanze, l’isolamento sociale.

Sotto il punto di vista prettamente psicologico, invece, sono di grande rilevanza eventi come un lutto importante o ancora rotture di relazioni interpersonali, separazioni/divorzi, sradicamenti dal proprio contesto sociale, ecc: tutte situazioni che possono creare un isolamento sociale che ha come conseguenza il tentativo autosoppressivo.

Un importante fattore precipitate può essere costituito dai contenuti di umiliazione e vergogna che possono essere connessi a eventi quali un licenziamento, una condizione di mobbing, una carcerazione.

Per alcune patologie fisiche (epilessia, sclerosi multipla, corea di Huntington, AIDS, ulcera peptica, cancro), specialmente quelle che conservano un certo grado di consapevolezza, l’ipotesi di darsi la morte indossa delle vesti attraenti, forse anche rassicuranti.

 

Cosa fare per prevenire il suicidio?

Prima di qualsiasi terapia ben ideata, la cosa in assoluto più importante per individuare i fattori di rischio è il colloquio clinico: stabilendo un buon rapporto empatico con il paziente, quest’ultimo si sentirà compreso trovando un alleato nel medico.

Da non dimenticare poi che se, da una parte, il professionista della psiche non può incidere sulla libertà di scelta di un paziente di darsi la morte, però dall’altra il lavoro dello psichiatra può essere messo in forse nel caso di effettivo suicidio.

Quindi è comunque un argomento delicato per chiunque sia coinvolto ma un buon professionista deve essere in grado di valutare in modo adeguato la gravità della situazione o l’effetto dei farmaci somministrati e di scegliere la terapia più idonea al caso.

Il problema del suicidio è poi strettamente legato al dolore personale che prova l’individuo nel pensiero e poi nell’atto suicidario quindi occorre riconoscere e rispettare questo dolore, intervenendo su di esso per lenirlo e trovando con il paziente le motivazioni alla base della scelta e soprattutto le possibili soluzioni.

La difficoltà dell’intervento preventivo sta comunque nella caratteristica primaria dell’atto suicidario: la “sorpresa”, l’impulsività, identificabili e manifesti solo a posteriori.

 

Qualunque problema può avere una soluzione, quindi non esitate a confrontarvi con uno psicologo su questo!

In un familiare, conoscente o amico, ci sono poi tanti campanelli d’allarme che possiamo notare molto prima del suicidio stesso ed anche in questo caso non esitate a chiedere l’aiuto di qualcuno!

 

Ho scritto questo articolo con l’aiuto di Claudia Cola

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