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Colori e stereotipi: il rosa per le bambine… o per i bambini?

Oggi la risposta è ovvia: fin dalla più tenere infanzia il colore per bimbe e ragazzine (e diciamocelo, anche per tante adulte!) è considerato il rosa ma… la storia ci racconta che non è affatto stato sempre così! Se vi dicessero che addirittura un tempo il rosa era considerato un colore “mascolino”… cosa direste?

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In realtà, ancora nel  1800 i bambini erano vestiti regolarmente di bianco, senza particolare differenza tra maschi e femmine: la distinzione più che per sesso era per età, e differenziava i più piccoli dai più grandi (consideriamo che nel passato il tasso di mortalità infantile era un elemento da non dimenticare, ed ecco perché il fatto di arrivare a diventare grandi era già di per sé più importante che preoccuparsi se l’infante fosse maschio o femmine: ciò che contava era che superasse l’infanzia, appunto!). La scelta del bianco era di natura squisitamente pratica: gli abiti bianchi erano più semplici da lavare e candeggiare. bambini e bambine vestivano ugualmente abiti fino all’età di sei, sette anni – quando i maschietti si sottoponevano al primo taglio dei capelli. Fino ad allora, le differenze tra i loro vestiti erano minime: per esempio quelli dei maschietti si abbottonavano sul davanti, quelli delle bambine sul dietro.

Verso la metà dell’800 iniziarono ad apparire abiti colorati, ma non si faceva una distinzione basata sul genere nell’attribuire i colori : tutti potevano indossare di tutto. Uno dei primi riferimenti ad un’attibuzione dei colori ai differenti generi è fatta risalire a “Piccole Donne” di Louisa May Alcott (che risale al 1968/69), in cui in una coppia di gemelli, un nastro rosa è usato per identificare la femminuccia, e uno azzurro il maschietto. L’usanza però viene definita come “la moda Francese”, come a dire che non era ancora una regola ovunque, ma anzi, era un vezzo “esotico”.

Fu a partire dagli anni 90 di quel secolo che l’abbigliamento di bambini e bambine iniziò a venire differenziato in età sempre più giovane, con i maschietti abbigliati in pantaloni e pantaloncini in età sempre più tenera. E anche la differenziazione dei colori iniziò ad imporsi… ma non come la conosciamo adesso!

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In un articolo del 1918 tratto da “Earnshaw’s Infants’ Department”, viene specificato che “la regola comunemente accettata è che il rosa è per i bambini, il blu per le bambine. Ciò perché il rosa è un colore più forte e deciso, più adatto ad un bambino, mentre il blu, che è più delicato e grazioso, è più adatto alle bimbe”. Il rosa veniva visto come uno stretto parente del forte e virile rosso, mentre il blu subiva l’associazione con il colore del velo azzurro con cui spesso veniva dipinta la Vergine Maria.

L’attuale assegnazione dei colori così come la conosciamo, non vide la luce prima degli anni 40 del secolo scorso, con i colori usati in maniera alternata ed intercambiabile fino alla seconda guerra mondiale. In realtà, non risulta essere chiaro come avvenne l’inversione dell’assegnazione dei colori: ad un certo punto, prevalse il consenso per la combinazione bimbe/rosa e bimbi/azzurro così come la conosciamo anche noi.

Tutto sembrava stabilito ma… doveva ancora entrare in scena il movimento di liberazione delle donne, tra gli anni 60 e 70,  con un messaggio che andava contro gli stereotipi di femminilità e moda: divenne di nuovo imperante il look neutrale ed unisex – ma esattamente al contrario di quello del secolo precedente, non furono i bimbi ad indossare vestiti, ma le bambine ad indossare abiti più mascolini, o quantomeno privi di dettagli riconducibili al genere. Le bambine venivano spinte ad esprimersi e a seguire i propri sogni ed ideali senza lasciarsi relegare nelle figure tradizionalmente riservate alle donne: per questo era necessario sfuggire anche ai look più marcatamente femminili. Anche i colori riconducibili ad un sesso o all’altro erano evitati, in favore di scelte neutre.

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Fu con l’avvento degli anni ’80 che l’idea degli abiti unisex iniziò a scomparire nuovamente, sconfitta dal ritorno dei colori che marcatamente segnalavano il genere d’appartenenza del bambino o bambina. E quasi per rifarsi di essere passati in sordina per tanto tempo, questi concetti vennero anche esasperati: i bambini vestivano d’azzurro, giocavano con soldatini, costruzioni e palloni; le bambine vestivano di rosa, giocavano con trucchi, pentole e bambole. Non era solo una questione di colore: anche un ruolo sociale veniva di fatto inculcato nell’educazione di tutti.
Uno dei grandi motori di questo nuovo fervore verso la differenziazione fu originato dalla possibilità di scoprire il sesso del nascituro prima ancora del parto: i genitori venivano poi catturati da infinite strategie di marketing per acquistare prodotti per bambine o per bambini (che risultavano più accattivanti dei prodotti neutri: la personalizzazione vende!).

E così siamo arrivati ai giorni nostri… e anche se sono passati parecchi anni, sembra che il nuovo millennio ci veda ancora più che mai travolti da questa differenziazione basata più sul marketing che su un fattore culturale… voi che dite: c’è possibilità che le cose cambino nuovamente?

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Commenti

  1. Didi Stella dice

    10 Febbraio 2013 alle 21:40

    ho letto tutto, vero pero era meglio le femmine azzure e i maschi rosa

    Rispondi
  2. Divina Senatore dice

    3 Agosto 2013 alle 09:47

    Lo trovo illuminate ma estremamente avvilente!
    Ci sono "regole" dettate dalla società che si basano su una tradizione dimenticata, ma che si continuano ad accettare. Non mi sorprende che ancora oggi subiamo questa distinzione. Per non parlare dei ruoli sociali!!!

    Hai chiesto: c’è possibilità che le cose cambino nuovamente?

    Ti rispondo: Non cambierà mai nulla se si continua ad accettare senza sapere il perchè, senza opporsi alle classiche affermazioni "perché così si deve fare"… "perché così va la vita!"
    Documentarsi, ricercare, capire… distinguere gli usi dalla cultura!

    Da due semplici colori, (stabiliti da una simbologia) si passa a un marketing, ad un mondo e un ruolo prestabilito.
    Oggi ruota tutto intorno a questo: la maggior parte delle bambine giocano con trucchi, bambole ed elettrodomestici in miniatura, per passare all'adolescenza improntata sulla bellezza e per finire all'esasperazione per la bella casa, la pulizia e i lavori domestici.
    Spiegato perché la media delle donne non sa guidare e gli uomini più capaci entrano in panico se devono caricare una lavatrice!!! Proviamo a far giocare le bambine con le macchinine e gli uomini con le cucine, vediamo cosa succede!? (battuta)

    Concludo con una piccola provocazione… e domanda:
    Molte ragazze, ancor oggi, desiderano l'anello di fidanzamento dal proprio ragazzo ma non lo regalano "quasi" mai.
    E' la tradizione che ti inculca questa "faccenda". Sai perché? 🙂

    Cmq hai scritto un'ottimo "articolo".

    Rispondi
  3. Divina Senatore dice

    3 Agosto 2013 alle 09:58

    ops…volevo dire un ottimo "articolo"

    Rispondi

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