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Il bon ton in pubblico

Cos’è l’eleganza? Una forma di armonia non dissimile dalla bellezza, ma se quest’ultima è assai più spesso un dono di natura, la prima è un’opera d’arte. Non è difficile definirne l’origine, nasce e si sviluppa dai costumi di una società civilizzata. La parola viene dallatino eligere, “scegliere”.

Geneviève Antoine Dariaux

 Adoro questa citazione di Madame Dariaux, perché ci ricorda una cosa fondamentale riguardo al bon ton e il galateo… che sono una scelta che facciamo, nel modo in cui affrontiamo il mondo e nel modo in cui ci poniamo nei confronti degli altri.

Purtroppo, basta guardarsi in giro per vedere quanto questa “scelta” ormai sia sempre meno frequente, visto che siamo a dir poco circondati da esempi di maleducazione, a volte semplicemente imbarazzante, a volte addirittura irritante ed irrispettosa.

Vediamo qualche esempio da non imitare?


 Pochi giorni fa mi trovavo a un funerale, e alle mie spalle delle signore bisbigliavano tra loro prima dell’inizio della funzione. Per qualche motivo, la cosa dava immensamente fastidio alla signora nel banco davanti a me, che si gira sibilando un “shh!!” più ringhiato che sussurrato, e non appena si torna a voltare esclama stizzita una parola che non vi riporterò, ma penso potrete immaginare da sole… diciamo un epiteto di derivazione anatomica tristemente troppo usato come intercalare.

Adesso ditemi: chi aveva torto? Dovevano tacere le signore alle mie spalle (vi ricordo che la funzione non era iniziata, e davvero bisbigliavano, non si arrivava a capire cosa dicessero), o faceva meglio la signora davanti a me a contenere la sua ira, e soprattutto non vanificare uno sforzo (comunque eccessivo) di riportare l’ordine, con un’imprecazione tanto volgare pronunciata nel luogo meno adatto di tutti?!

Lascio la funzione e mi dirigo in un popolare centro commerciale per qualche piccolo acquisto, e non faccio in tempo a uscire dall’ascensore, che un gruppo di bambini mi taglia la strada, urlando e strillando e facendomi saltare indietro. Poco lontano, le mamme prendono il caffè, lanciando qualche pigra occhiata ai pargoli urlanti, senza fare il benché minimo tentativo di contenere la loro energia che si sfoga a discapito dei passanti.

Davanti agli ingressi dei negozi, gruppetti di ragazze in mise quantomeno provocanti ridono sguaiatamente ostruendo il passaggio, strillando nei cellulari e chiamando ad alta voce le amiche (o presunte tali, visti i nomignoli riservati) dall’altro lato della galleria di negozi.

Svolte le mie commissioni mi reco verso la più vicina stazione del metrò, dribblando venditori di accendini e fazzoletti, e riesco a salire in carrozza senza venire travolta da un ritardatario che si lancia a mò di fionda tra le porte che si stanno chiudendo. Mentre cerco di guadagnare gualche prezioso centimetro di spazio libero, evitando afrori che suggeriscono l’inefficacia di tante campagne pubblicitarie dedicate a deodoranti e bagnoschiuma, devo anche prestare attenzione a non finire tra le braccia della coppietta che in mezzo al corridoio ha deciso di scambiarsi esagerate effusioni. Finalmente conquisto un angolino di spazio non troppo distante dalla porta, che mi consente, al prezzo dello spigolo di una grossa borsa conficcato in un fianco, di avere un posto privilegiato nella lotta per uscire dalla metrò una volta giunti alla mia fermata, oltrepassando tutti i passeggeri piazzati davanti alle porte scorrevoli che nn ritengono comune usanza favorire l’uscita di chi è arrivato a destinazione.

Raggiungo le amiche per una proiezione pomeridiana al cinema, e prendendo posto scopro di essere malauguratamente capitata direttamente dietro ad un’emula di Marge Simpson, con tanto di pettinatura troneggiante che mi oscura la visuale; difficile spostarsi lateralmente per cogliere qualche immagine dello schermo – la suddetta continua ad agitarsi, parlando con il vicino di posto, mandando e ricevendo messaggi sul cellulare costantemente in azione, completamente ignara di tutto quello che la circonda, film compreso.

Ci rintaniamo dunque in un ristorante poco distante, sperando di passare una serata tranquilla dedicata al buon cibo e alle chiacchiere… ma tutto intorno a noi si scatena la bolgia, tra tavolate numerose che strillano e richiamano i camerieri a grandi urla, telefoni che squillano in continuazione con relative conversazioni urlate per l’ascolto di tutti i presenti, ed ancora bambini lasciati correre tra i tavoli che quasi si scontrano con i clienti che entrano dall’ingresso.

Quante di queste situazioni vi sono fin troppo familiari?

Dopo questa desolante panoramica vien quasi da chiedersi: ma chi me lo fa fare? Essere educati, gentili e rispettosi è una scelta che nessuno intorno a me sembra fare: perché sforzarsi per poi essere presi a (si spera metaforiche) porte in faccia?

Mettiamola così: se non siamo i primi a perseguire questo ideale di civiltà, come possiamo pretendere di esigere dagli altri lo stesso comportamento? Il bon ton è prima di tutto rispetto per il prossimo, in ogni situazione : offriamo il buon esempio, e solo allora potremo pretendere che la stessa cortesia sia riservata a noi.

Qualche consiglio?

  1. Volume: non esiste un modo elegante di urlare. Per cui no a strilli e schiamazzi, sono praticamente sempre ingiustificati; e sicuramente ai passanti poco interesserà di quello che state per strillare nel cellulare: se non c’è campo sufficiente, provate un messaggino se è proprio importante, o richiamate più tardi.
  1. Linguaggio: se anche i media ci propongono un continuo massacro dell’italiano, ricordate che il linguaggio volgare non è mai scusabile, in nessun caso. Certe parolacce da osteria non hanno davvero posto sulle labbra di una donna veramente elegante.
  1. Consapevolezza: quanti errori potrebbero essere evitati, se solo ci si guardasse attorno, tenendo in considerazione chi ci circonda e come le nostre azioni possono risultare scortesi!
  1. Piccoli: che siano i nostri bimbi, fratelli, cugini, parenti  o i nostri piccoli amici a quattro zampe di qualsiasi specie – teniamoli con noi e controlliamone il comportamento!
  1. Effusioni: in pubblico? No! Anche se siete un vip in cerca di un paparazzo che vi fotografi – la risposta alle effusioni in pubblico è sempre NO!
  1. Telefonini : se pensate di usare il telefonino in un luogo pubblico fate subito due cose: disattivate il tono dei tasti, e mettetelo in modalità silenziosa, limitandovi alle chiamate o messaggi realmente utili. Siete a cena, al cinema, a teatro è davvero più interessante quel piccolo schermo di chi è con voi e quello che vi accade intorno? E se siete in pubblico, non urlate le vostre conversazioni (vedi punto 1).

E’ un piccolo passo, ma immaginate quanti momenti sgradevoli potremmo evitare se tante più persone facessero tesoro di queste “regole”… quanto più vivibili potrebbero diventare le nostre città! E voi? Quali comportamenti vorreste poter far sparire con uno schiocco di dita, e quali diffondere?

 

Citazione tratta da: Geneviève Antoine Dariaux – Guida all’ eleganza – Ed mondadori, 2005

PallinoGirl

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Commenti

  1. Barbara dice

    2 Novembre 2011 alle 11:44

    Le buone maniere purtroppo sembrano essere una cosa molto retrò al mondo d’oggi.
    Anche io noto tantissimo questa mancanza di eleganza nelle persone, la trovo una cosa grottesca, ma a quanto pare in pochi ci fanno caso…

    Rispondi
  2. Gabriella Mattèoda dice

    15 Gennaio 2014 alle 11:39

    bisognerebbe esigere ed insegnare un minimo di buona educazione per TUTTI, giovani compresi…., spetta alle famiglie ma non solo…..educazione va a braccetto con rispetto !

    Rispondi

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