Esistono persone meravigliose che fanno cose incredibili in una maniera, per loro, così naturale da non rendersene neanche conto. È il caso di Irena Sendler, la conoscete? Oggi vi raccontiamo la sua storia.
Infanzia e gioventù
Nata nel 1910 a Otwock, in Polonia, il padre era un medico e proprio da lui ereditò la voglia e la volontà di aiutare gli ebrei, proprio da lui che, fino all’ultimo, li curò, rimettendoci anche la vita: morì, infatti, di tifo quando Irena aveva solo sette anni.
Durante i suoi studi universitari, Irena si oppose alla ghettizzazione degli studenti ebrei e fu conseguentemente sospesa dall’Università di Varsavia per tre anni. Nel 1939, quando i tedeschi invasero la Polonia, lei lavorava a Varsavia e si occupava degli aiuti finanziari e alimentari per i poveri.
La Resistenza e i bambini salvati
Irena non poteva che entrare a far parte della Resistenza polacca e fu il suo ruolo di assistente sociale e di infermiera a permetterle di salvare circa 2.500 bambini dai campi di concentramento. Il suo team era composto da una ventina di persone che nei modi più astuti e più strani, quasi inverosimili, riuscivano a salvare dagli orrori nazisti numerosissimi bambini per procurare loro dei documenti falsi, una nuova casa e una nuova vita.
Legati sotto a una barella, dalle fogne, in scatole o in sacchi di patate, dentro valigie o, addirittura, sul fondo di cassette degli attrezzi: a Irena Sendler non mancava l’inventiva per fare in modo che quei bambini si salvassero. Ma più difficile di tutto questo era separare i bambini dalle madri, convincerle che quello era l’unico modo per far sì che i loro figli sopravvivessero.
Nel 1943 Irene Sendler fu arrestata, picchiata, torturata. Le furono rotte le gambe e i piedi, ma non rivelò mai i suoi segreti e quelli della resistenza. Condannata a morte, la salvò l’avidità di un soldato che, pagato dalla Resistenza, fece in modo che rimanesse in vita.
Tornata a casa, Irena corse subito al suo albero di mele, sotto cui aveva nascosto dei vasi preziosi perché contenenti tutte le informazioni sui bambini salvati: alla fine della guerra, Irena avrebbe voluto riconsegnarli alle famiglie ebree di origine ma, purtroppo, queste erano state quasi tutte sterminate.
Una storia quasi sconosciuta
Stranamente, la storia di Irena Sendler non ebbe mai un grande rilievo… fino al 1999, anno in cui delle studentesse del Kansas riportarono alla luce, grazie ad un progetto, i fatti accaduti.
Non possiamo che ricordare Irena con una delle sue frasi più celebri che la dice lunga sulla sua personalità: “Ogni bambino salvato con il mio aiuto è la giustificazione della mia esistenza su questa terra, e non un titolo di Gloria”.
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