Il tatuaggio rappresenta una delle più antiche forme di espressione artistica corporea.
La storia ci mostra diverse evoluzioni di questa forma sia per quanto riguarda il significato, sia da un punto di vista di ‘’accettazione’’ sociale.
La parola “tatuaggio” deriva da Tattou che significa ‘’segnare’’ ed ha seguito un’evoluzione nelle varie epoche così come le tecniche ad esso connesse, vediamo quale!
L’evoluzione delle tecniche di tatuaggio
In passato la rappresentazione corporea di questi simboli o disegni erano basate o sulla puntura oppure sulla cucitura: nel primo caso, si tracciava il disegno sulla pelle con un pennello e successivamente si eseguivano tante piccole punture vicine tra loro mediante ago; nel secondo caso, si lasciava scorrere sotto la pelle un filo imbevuto di colorante.
Oggi a quanto a tecniche abbiamo:
- La tecnica samoana: molto dolorosa e non praticata in Italia, caratterizzata dall’introduzione sotto pelle dell’inchiostro per mezzo di un bastoncino appuntito;
- La tecnica giapponese: che introduce una serie di aghi obliquamente sotto pelle;
- La tecnica americana: che si serve di un macchina elettrica ad aghi;
- La tecnica thailandese: che utilizza un lungo tubo di ottone con un’asta appuntita che scorre all’interno.
Un po’ di storia
Il tatuaggio da sempre ha espresso significati e concezioni diversi, rappresentando a seconda degli ambiti una sorta di carta d’identità dell’individuo, un rito di passaggio all’età adulta oppure prima dell’avvento del Cristianesimo, un modo per marcare la propria identità spirituale.
In Italia la pratica del tatuaggio si presentò fin dalla preistoria, per seguire nell’Antica Roma ove gli schiavi venivano marchiati con le iniziali del proprio padrone, proseguendo poi con tatuaggi amorosi effettuati dalle spose come promessa a Dio o tatuaggi che le vedove facevano in ricordo del defunto.
Fu Lombroso, con la pubblicazione ‘’Dell’uomo delinquente’’ a mettere in stretta correlazione il tatuaggio e la morale innata del delinquente, sostenendo che il segno tatuato è quel che ci consente di far riconoscere la natura di tale uomo. Egli cataloga i tatuaggi in:
- segni d’amore, come iniziali, cuori o versi;
- simboli di guerra, come date, armi o stermini:
- segni legati al mestiere, come strumenti di lavoro e musicali;
- animali, quali serpenti e uccelli;
- simboli religiosi, come croci e santi.
Da questo momento in poi il tatuaggio venne quindi abolito ma soprattutto venne a crearsi, socialmente parlando, un pregiudizio ed una forma discriminatoria verso i soggetti che amavano i tatuaggi.
Forse anche in virtù del loro dilagante utilizzo nelle carceri, questa forma di libera espressione non viene sempre accettata completamente ed anzi, inconsciamente tendiamo ad associare le persone che portano sul loro corpo questi disegni come artistoidi, antisociali, criminali ed a volte anche con personalità problematiche.
Il tatuaggio oggi
Il significato attuale dei tatuaggi non rispecchia più aspirazioni religiose o sociali se non in rare condizioni, i soggetti ora si tatuano nomi dei propri figli o del partner, nomi o frasi di cantanti, una promessa di relazione d’amore o una forte amicizia.
Il classico esempio ora di moda è il simbolo dell’infinito: un tatuaggio da condividere per promettersi amore eterno oppure come a sottolineare qual è la propria aspirazione futura.
Chiaramente oggi, diversamente da allora, questa tecnica artistica è più diffusa soprattutto nell’adolescenza, un periodo della vita che oltre ad essere sinonimo di crisi fisiche e psicologiche, tende a ricercare l’espressione di sé come trasgressione, dimostrazione di maturità o spesso anche come protesta contro regole sociali che non vengono accettate.
Ma è così che va considerato: una forma di decorazione del corpo come espressione della propria individualità, del proprio essere interiore, ‘’espressione del ricordare’’ qualcosa che per noi è importante, qualcosa che ha tracciato la nostra vita, qualcosa che reputiamo particolarmente fondamentale, una data, un passaggio di vita…
Una forma di arte oggi maggiormente diffusa che tra le sue origini dalla cultura messicana in cui si era soliti rappresentare sul proprio corpo donne messicane con volto di teschio proprio in onore della notte di halloween e della forte adorazione nei confronti dei defunti.
Non credo serva citare il detto ‘’l’abito non fa il monaco’’ per convincere le persone che non necessariamente dietro un tatuaggio debba nascondersi una persona con tendenze anticonformiste, egocentriche ed aggressive. Bisognerebbe cercare di apprezzare questa forma di creatività come parte dell’essenza di alcune persone e come forma per esprimere una propria concezione di vita, così come può essere una poesia per un poeta, un romanzo per uno scrittore o ancora un film per un regista, una tela per un pittore.
Ognuno ha il proprio modo di esporsi all’ambiente che lo circonda, ognuno ha un modo diverso per dimostrare il proprio talento e la propria anima, per comunicare e sentirsi a casa.
Ed allora vi propongo un giochino: dimenticate per un attimo qual è la vostra opinione e fermatevi un attimo… osservate chi vi sta intorno, osservate i tatuaggi delle persone che incontrate e provate ad immaginare che significato gli danno, cosa rappresenta per loro, in che occasione se lo sono fatto… e lasciate libera la vostra immaginazione.
Vestite per una volta lo sguardo da psicologo e guardate dove vi porta…. 😉
Un ringraziamento alla Dott.ssa Nadia Ermini per il contributo alla stesura
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