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La fiaba come strumento terapeutico per i nostri figli

10 Giugno 2011 da Dott.ssa Cristina Colantuono Lascia un commento

Fonte immagine: larylary37.wordpress.com

Se torniamo indietro nel tempo, sicuramente tutti ricorderanno quanto i protagonisti, le vicende ed i paesaggi fantastici delle fiabe che ci raccontavano prima di dormire, potessero prendere vita nella nostra mente e quanto potessero poi diventare reali, riuscendo a farci sognare, a farci tranquillizzare ed anche a soddisfare i nostri bisogni di avventura, fantasia e amore. Un ricordo che ci accompagnerà per sempre….

Probabilmente a rendere tutto così magico, contribuivano anche elementi esterni come quale componente della nostra famiglia le raccontava oppure l’enfasi messa su determinate frasi o anche l’associazione stessa con un momento molto particolare della giornata come può essere quello che precede il sonno.

Purtroppo spesso i bambini così divertiti dalle favole, una volta cresciuti dimenticano tutta l’emozione che le contraddistingue ed infatti gli adulti spesso fraintendono o sottovalutano il significato e l’importanza di una fiaba, soprattutto nel momento in cui pensano che sia solo appannaggio dei minori.

La fiaba ha in sè, invece, un significato ben preciso, un messaggio che approfitta della sua valenza metaforica per nascondersi dietro a personaggi e storie e per parlare invece di situazioni sempre attuali e sentimenti profondi.

Infatti, analizzano tra le righe problemi, difficoltà, ingiustizie presenti nell’intero percorso dell’uomo ed ai quali le persone hanno col tempo risposto in mille modi diversi fino a riuscire a superarli.

E’ proprio l’eroe e l’identificazione con lui che ci trasmette la speranza di poter risolvere i nostri problemi e che esista sempre la svolta, la possibilità di cambiare le cose. E’ la modifica di un processo mentale!

Se pensiamo ai racconti che meglio conosciamo, sono sicura di quanto sia semplice accorgersi che realmente parlano di situazioni quotidiane e realmente aiutano nella risoluzione di situazioni difficili che ci creano paura, senso di inadeguatezza, angoscia e solitudine.

Non dimentichiamo poi che nella favola si introduce un concetto spesso considerato uno scoglio invalicabile nell’educazione dei bambini: il “male”. Un elemento che non viene negato ma che anzi viene incarnato negli stessi personaggi e che quindi introduce nella psiche dei bambini anche questa realtà.

L’insegnamento alla base è che anche il male, come il bene, è una dimensione presente nella vita ed in ogni essere umano, spesso la causa ed il filo conduttore delle sfide e delle vicende che si susseguono nel racconto.

La strega, il drago, l’orco sono tutti personaggi potenti che propongono questo elemento in modo seducente e subdolo, portatori di comportamenti scorretti ma che la morale, alla fine, sconfigge sempre. In conclusione il messaggio è che il male, benchè presente, non paga ed il bene ha un’attrattiva maggiore tanto da permettere ai bambini di identificarsi nella capacità di lottare e nel coraggio dell’eroe della storia.

Nei bambini, la loro funzione “miracolosa” risiede nella possibilità che i protagonisti e le loro azioni siano il filo d’Arianna che li aiuti nella comprensione di situazioni difficili ed anche nella conoscenza di sè, del mondo e delle relazioni con l’esterno, un utile sostegno nel favorire uno sviluppo armonico.

La sua funzione terapeutica è quindi evidente tanto da essere utilizzata spesso da psicologi ed educatori in determinate situazioni ed anche parallelamente ad altre terapie rivolte essenzialmente ai più piccoli.

Settimane fa avevo infatti introdotto lo spinoso argomento del lutto vissuto dai bambini, proponendo una favola che poteva aiutarli a far emergere la sofferenza ed il dolore che avevano dentro

Questo non è però l’unico contesto in cui viene usata. Generalmente qualsiasi situazione possa creare disagio in un minore, può essere terreno fertile per sfruttare la fiaba come strumento terapeutico.

Andando più nello specifico, può essere utilizzata anche con l’obiettivo di favorire la relazione genitori-figli in situazioni problematiche come possono essere quelle causate da un divorzio.

In questo caso è la lettura di una favola come attività significativa condivisa che può aiutare un genitore non convivente ad arrivare ad una condivisione affettiva con il figlio.

Condividendo un’attività, è probabile infatti che si sviluppino sentimenti reciproci più differenziati ed intensi tanto da favorire il costruirsi della relazione, l’emergere di affetti positivi ed infine il raggiungimento dell’intimità nelle relazioni familiari.

Un altro contesto può essere una generale necessità di un percorso terapeutico infantile: per modificare atteggiamenti, sanare disagi o affrontare situazioni difficili, il terapeuta è chiamato a lavorare maggiormente sulla relazione terapeutica così da raggiungere l’obiettivo di modificare il mondo immaginativo del bambino. Inserendosi nella sua vita (almeno una volta a settimana) il bambino è costretto a integrarlo tra le sue figure quotidiane ed a dargli un ruolo in base alle regole ed alle impostazioni del suo mondo interno.

Il risultato terapeutico sarà palese ed avrà effetto quando il terapeuta si opporrà ad interpretare il ruolo attribuitogli dal minore e quest’ultimo dovrà quindi modificare le sue leggi interne, fino a creare quindi gli strumenti che lo aiuteranno ad affrontare sempre situazioni del genere.

Uno strumento tra i più usati in questo contesto, è proprio la favola. Un modo attraverso il quale il terapeuta lo accompagnerà nella scoperta di mondi diversi rispetto a quelli a cui è abituato, capaci di offrire immagini, situazioni e dinamiche relazionali più vantaggiose per lui.

Se la favola piacerà al bambino, sarà invogliato a riviverla nel suo quotidiano!

Diventano quindi preziose perle di saggezza che possono aiutarlo a trovare significati, motivazioni e suggerimenti per crescere e formarsi in un modo equilibrato e funzionale.

Un’altra situazione, per la quale è utilizzata la fiaba è l’adozione.

In questo caso, la favola è la più indicata per sostenere un minore nel difficile cammino di rielaborazione della sua storia di vita cioè della perdita e del possibile rifiuto vissuti nel rapporto con la sua famiglia d’origine.

A volte si hanno comunque ricordi legati al periodo precedente, altre volte i racconti sono confusi ed altre volte ancora non riescono a ricordare nulla. E’ comunque una realtà con la quale prima o poi dovranno fare i conti ed il ruolo dei genitori adottivi è essenziale. Devono infatti riuscire ad utilizzare la favola per sostenere il bambino nella costruzione della sua identità e del suo posto nella nuova famiglia, così da sentirsi parte integrante.

Il messaggio da inviare è che alcuni piccoli nascono dalla pancia della mamma ed altri nascono da una donna ma poi entrano nel cuore di un’altra. La fiaba da costruire dovrà quindi avere come protagonista un bimbo adottato, che però, grazie all’amore dei nuovi genitori, riuscirà a capire che a prescindere da “dove” arrivino i figli il comune denominatore è sempre la famiglia e l’affetto che li lega.

Questo è infatti uno strumento che parla con il loro stesso linguaggio, che tocca le corde più intime e che trasmette significati che arrivano dritti al cuore… la modalità ideale per affrontare le problematiche legate all’informazione dei bambini in modo sereno, diretto e risolutivo.

 

E quindi… riappropriamoci di questo patrimonio, di questa dimensione fatta di magia e fantasia che arriva intatta dal nostro passato!

 

 

Consiglio un po’ di letture a chi volesse approfondire l’argomento:

  • Giorgi S. (2003), Cavalcando l’arcobaleno: favole per raccontare ai bambini adottati la loro storia riunita dai colori della fantasia, Edizioni Magi, Roma.
  • Marcoli A. (2007), Il bambino lasciato solo. Favole per momenti difficili, Mondadori.
  • Marcoli A. (2004), Il bambino arrabbiato. Favole per capire le rabbie infantili, Mondadori.
  • Marcoli A. (2004), Il bambino nascosto. Favole per capire la psicologia nostra e dei nostri figli, Mondadori.
  • Marcoli A. (2004), Il bambino perduto e ritrovato. Favole per far pace col bambino che siamo stati, Mondadori.
  • Vallino D. (1998), Raccontami una storia, Borla, Roma.
  • Vanderlei D. (1985), “Sogni ad occhi aperti” ovvero Favole che aiutano a crescere, Rubettino Editore, Soveria Manelli.
  • Von Franz M.L. (1993), Le fiabe interpretate,Bollati Boringhieri, Torino.

 

psicologia@tentazionedonna.it

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