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Alla ricerca della nostra musica terapeutica

Fonte immagine: http://www.francescalafasciano.it/

In un mondo in cui la musica fa da continua colonna sonora alle nostre vite, relazioni e attività quotidiane, al di là del nostro reale desiderio di ascoltarla o meno, come possiamo non chiamarla in causa come elemento che potrebbe andare ad influenzare il nostro stato d’animo? Come un qualcosa che influenza anche il nostro agire?

Quante volte, ad esempio, ci è capitato di ascoltare una musica che ci ha fatto vivere sensazioni particolari, che abbiamo poi scelto come la nostra “canzone preferita”?

E non vi è mai successo invece che alcune note vi hanno fatto rivivere emozioni passate e dato la sensazione di rivivere il ricordo di persone e luoghi lontani?

E quante volte ci è capitato di iniziare la giornata accendendo lo stereo proprio su un pezzo in particolare, magari con l’intento di direzionare il nostro umore infastidito dall’orario mattutino verso un sentire più piacevole…

Questo gesto è consapevole e si basa su sensazioni profonde, sensazioni che ci fanno stare bene.

E allora possiamo parlare di un’auto-terapia attraverso la musica?

E’ qualcosa di vicino alla musicoterapia?

La storia ci parla di musica da secoli, un elemento che accompagna la vita di ogni popolo e cultura, presente come strumento catartico, sedativo ed anche come un possibile elemento che media tra noi comuni mortali e le forze divine.

L’idea di impiegarla come cura dell’animo umano risale a parecchi anni fa, basti pensare a cosa scriveva Platone al riguardo: “il ritmo e la musica, grazie al loro carattere sentimentale sono particolarmente atti a penetrare nell’anima e a commuoverla, allo stesso tempo mitigano l’elemento irascibile presente nell’anima“.

Nonostante ciò è solo nel 1950 che i primi autori la iniziarono a considerare come una vera e propria disciplina grazie alla fondazione, negli Stati Uniti, dell‘Associazione Nazionale per la Musicoterapia.

Nel corso del XX secolo, con lo svilupparsi di una molteplicità di tecniche e scuole di pensiero, i suoi campi di applicazione si ampliano ed ora, da quasi un decennio, in paesi quali Canada, Stati Uniti, Regno Unito e Australia la musicoterapia viene considerata a tutti gli effetti come un intervento terapeutico autonomo ed efficace nella riduzione dei livelli di ansia.

Alla base di questa tecnica, c’è la convinzione che l’usufruire della musica in maniera diretta o indiretta, ossia il suonare uno strumento o il semplice ascolto, avrebbe un’influenza positiva sia sul nostro corpo che sulla nostra mente.

Pensiamo per esempio al cosiddetto “effetto Mozart” per cui le nostre abilità e capacità cognitive sarebbero condizionate dall’ascolto delle perfette composizioni melodiche del grande autore.

A tal proposito, presso la California University, due fisici, Rausher e Shaw, hanno cercato di verificare l’efficacia della musica di Mozart sulla capacità di concentrazione di alcuni soggetti ed i risultati furono interessanti.

Rilevarono infatti che le capacità cognitive di chi ascoltava la musica di Mozart e la loro capacità di svolgere esercizi di memoria, erano migliori rispetto a quelle di soggetti che ascoltavano altri tipi di musica (rock, popolare) o nessuna musica.

Un’ulteriore notizia può farci riflettere anche sul potere di stimolazione dei neurotrasmettitori della musica: il divieto di utilizzo di lettori mp3 nella famosa maratona di New York ci porta a pensare all’associazione con il doping. Cioè ascolto di musica come causa di liberazione della dopamina, sostanza eccitante che rende meno sensibili alla stanchezza, allo stress e all’ansia.

Sicuramente anche su di noi la musica provoca sensazioni ed effetti positivi.

Bisognerebbe chiedersi se la musica può avere quindi anche una valenza terapeutica.

Come anche se tutte le musiche in maniera indiscriminata possono averne qualcuna o siamo noi ma soprattutto il nostro modo di ascoltare e di predisporci all’ascolto a far scattare quel qualcosa che può portarci ad un cambiamento, ad un diverso modo di muoverci nell’approccio alla vita.

E da qui arriva anche il consiglio degli psicologi che invitano ad ascoltare:

  • la primavera di Vivaldi per combattere l’ansia;
  • Requiem di Mozart per la concentrazione;
  • la musica di Wagner e Verdi come valido aiuto contro la depressione e l’insicurezza;
  • la musica medievale contro l’angoscia;
  • Sibelius e Tchaikowsky come strumenti di pazienza;
  • Schubert per le tensioni muscolari;
  • Chopin contro l’insonnia.

 

A voi la scelta, provate e fateci sapere!

Iniziamo la ricerca della nostra musica terapeutica….

 

Ho scritto questo articolo con l’aiuto di Elisabetta Aleandri

 

Per qualsiasi ulteriore domanda, non esitare a contattarmi scrivendomi a: psicologia@tentazionedonna.it

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