Gli stereotipi sono, per definizione, generalizzazioni semplicistiche. Tra i più diffusi, ci sono gli stereotipi sui genitori e, ancor prima, quelli di genere, che tentano di definire i ruoli di uomini e donne nella società.
- Gli stereotipi sui genitori? Li impariamo sin da bambini
- Gli stereotipi sui genitori: tra “madre negligente” e “mammo”
- Il “Caso Matteo Bussola”
Gli stereotipi sui genitori? Li impariamo sin da bambini
Uno su tutti: le donne sono emotive e gli uomini razionali. Ciò fa parte della cultura in cui viviamo, ma… quanto di innato c’è in tutto questo? Quando eravamo bambine, potevamo giocare a correre o ad arrampicarci come i nostri amichetti? E i bambini potevano tranquillamente giocare con le bambole? Bambini e bambine vengono introdotti agli stereotipi di genere sin da piccoli e la stessa industria del marketing divide nettamente il mondo in rosa e azzurro.
Ebbene sì, è già da lì che nascono gli stereotipi sui genitori. La società e tutto ciò che ci circonda pianta questi piccoli semi nel nostro inconscio, semini pericolosissimi che quasi sempre crescono fino a diventare inutili stereotipi da cui, alla fine, diventa difficile liberarsi.
Gli stereotipi sui genitori: tra “madre negligente” e “mammo”
La mamma fa la spesa. Cucina, lava i piatti e anche il pavimento. Fa la lavatrice e stira. La mamma prepara i figli per la scuola. Il papà va al lavoro. Tiene i conti. Paga le bollette. Aggiusta le cose rotte, sostituisce le lampadine. A volte fa delle commissioni.
Cosa pensereste se qualcuno vi dicesse che non è sempre così? Anzi, che non è mai così. Perché ogni persona è diversa, ogni famiglia è diversa e ha degli equilibri differenti da quelli di tutte le altre famiglie. Eppure, nel 2018, una donna con dei figli che si dedica alla carriera a volte viene ancora additata come “madre negligente” e un padre che si occupa costantemente dei propri figli viene spesso definito “mammo”.
Da anni le donne lottano per la parità di genere, per avere gli stessi diritti degli uomini, la stessa loro dignità lavorativa, lo stesso salario. Forse non ci crederete, ma, piano piano, nonostante l’arretratezza mentale di molta gente (uomini e donne, eh, perché spesso, diciamolo, le prime maschiliste sono proprio le donne), ci stiamo riuscendo.
Il “Caso Matteo Bussola”
C’è un caso in particolare, però, in cui gli uomini non riescono proprio, al contrario, ad essere riconosciuti pari a una donna. E si tratta proprio di quegli uomini che accudiscono i figli. Per loro, gli stereotipi sui genitori sono più forti che mai.
In questo contesto, è impossibile non citare Matteo Bussola, uno che di stereotipi sui genitori ne sa molto più di tanti.
Matteo Bussola è un disegnatore/scrittore che ha tre figlie di cui si occupa con dedizione e amore. Spesso additato proprio come “mammo” dalle stesse mamme delle compagnette di scuola delle figlie, ha cominciato a scrivere le sue avventure da papà su Facebook. Da lì, il primo libro, poi gli altri. Perché nessuno come Matteo sa rendere così poetici e, allo stesso tempo, realistici i racconti di vita quotidiana.
E questo articolo non potrebbe che concludersi con uno degli ultimi, meravigliosi, post pubblicati sulla sua pagina Facebook:
Ogni giorno, io preparo quattro pranzi.
Il primo pranzo è per Ginevra, che torna dalla scuola elementare a un quarto all’una, mi dice la mattina prima di uscire che cosa vorrà mangiare […].
Il secondo pranzo è per me e per Paola (quando siamo entrambi a casa).
Il terzo pranzo è per Virginia, che torna dalla scuola media certi giorni alle due e altri alle tre, ha gusti molto diversi dalla sorella, anche lei mi dice prima cosa vuole e glielo faccio trovare.
Melania torna invece […] alle tre e mezza, ha già pranzato a scuola ma spesso capita che voglia rimangiare, oppure mi chiede la merenda.
A cena è più o meno la stessa storia […]. Non ho alcun problema a preparare tre o quattro pietanze diverse […]. L’unica regola vigente è che una volta che mi hai detto quello che vuoi, lo devi mangiare tutto […]. Hai avuto una scelta, adesso lo mangi.
[…] la maggior parte delle persone mi prendono in giro e mi dicono “ma sei scemo”, “ma quanto tempo perdi per accontentarle tutte”, “ma dovresti fare come si faceva una volta, o mangi ‘sta minestra o salti dalla finestra” […].
La verità invece è che in questo modo, oltre al fatto di preparare qualcosa che le rende contente, insegno loro ogni giorno il valore di una scelta, senza forzature.
In definitiva, ciò che ad alcuni sfugge, è che il tempo speso a porre domande, e a prestare attenzione alle risposte dei nostri figli, non è mai tempo perso.
E’ tutto tempo guadagnato.
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